Nel giorno di “One Billion Rising”, la
campagna lanciata da Eve Ensler nel 15° anniversario del V-Day (Vagina
Day) in cui un miliardo di uomini e donne vengono invitati ad alzarsi e a
ballare tutti insieme contro la violenza maschile sulle donne, la
giornata comincia con la morte di una donna uccisa con 4 colpi di pisola
al braccio e alla testa. A sparare in Sud Africa alle 4 del mattino nel
proprio appartamento di Silverlakes a Pretoria, è stato il noto atleta
Pistorius, primo sportivo paralimpico ad aver partecipato alle
Olimpiadi, che ha ucciso la sua fidanzata, la modella Reeva Steenkamp di
trent’anni, che frequentava l’uomo da novembre. Secondo il racconto di
Pastorius, lui avrebbe sparato perché pensava che a quel’ora fossero
entrati i ladri in casa sua, e solo dopo averla uccisa ha ipotizzato che
forse la donna era entrata nel suo appartamento di nascosto per fargli
una sorpresa per san valentino. Molti giornali hanno scritto che
probabilmente si tratta di un errore, ma gli inquirenti già da ora hanno
escluso questa ipotesi dell’errore, sostenendo che, come dice Sky24,
“l’ipotesi dell’errore non regge” e che si tratti quindi di
“omicidio”. “Si è inoltre appreso – riporta tgcom 24 – che alcuni vicini
di casa di Pistorius hanno sentito all’alba di questa mattina grida e
urla provenire dall’abitazione dell’atleta”. La polizia sudafricana
avrebbe poi anche aggiunto che “la villa è molto sicura, sempre sotto
controllo” e che sarebbe “strano che potesse entrarvi un ladro” per i
controlli rigidissimi che ci sono per entrare nel lussuoso complesso
residenziale, e che Pistorius sarà sottoposto a controlli medici per
stabilirne il livello di alcol e la presenza di eventuali segni di
colluttazione. Inoltre Pastorius prima di uccidere Reeva Steenkamp,
aveva già dei precedenti per aggressioni su una ragazza di 19 anni che
nel 2009 aveva denunciato l’atleta per lesioni personali gravi tanto da
farlo trattenere per una notte in prigione: anche se poi la ragazza
ritrattò cambiando l’accusa in aggressione semplice così da far
rilasciare Pistorius.
Oggi però questa notizia sconvolge perché
ancora nel mondo la quantità di possibili femminicidi perfetti fa
rabbrividire, e soprattutto chiarisce come anche l’uomo più
insospettabile può essere pericoloso non perché sia malato di mente ma
semplicemente violento, e che un uomo ricco, bello e importante possa
anche pensare di eliminare fisicamente la propria compagna pensando di
farla franca. In Italia stamattina la ministra della giustizia Paola
Severino ha detto a Radio24 di voler escludere i delitti violenti contro
le donne dai reati per i quali possono essere ottenuti benefici e
riduzioni di pena, sottolineando che “Il prossimo Parlamento potrebbe
prevedere che reati che sono connessi a violenza sulle donne devono
essere esclusi dal novero dei reati che possono godere di benefici”,
come deterrente. Ma la violenza sulle donne non è solo un reato perché
comprende un modo di pensare, una cultura, un pregiudizio profondamente
radicato negli uomini e nelle donne, che non coinvolge solo chi la
subisce o chi ne è autore, ma anche chi la sostiene e chi non la
riconosce, in un contesto dove in realtà tutte le donne subiscono una
forma di violenza nella vita e in quanto donne sono tutte potenziali
vittime di femminicidio.
La violenza contro le donne è un fenomeno
che tocca tutte noi perché non è solo violenza sessuale o fisica, ma è
anche violenza psicologica o economica, e avviene in diversi contesti
come la famiglia, ma che può essere sostenuta e perpetrata dalle
istituzioni, a scuola, sul lavoro, e comincia già quando l’educazione
impone alle bambine un certo tipo di comportamento e di ruolo ben
definito resettando il nostro cervello su quello che puoi o non puoi
fare, basandosi su un pregiudizio per cui una femmina è in grado o non è
in grado di intraprendere qualcosa: un messaggio che quella bambina
avrà impresso dentro di sé fino a diventare un riflesso condizionato, e
di cui può liberarsi solo con la consapevolezza, teorica ma anche
pratica, che è sbagliato. Alla base di ogni violenza sulle donne c’è
sempre e comunque la discriminazione, che può essere combattuta solo con
un bilanciamento di potere in politica e ai vertici delle aziende, così
come nella sfera privata che in quella pubblica, in una scala di
discriminazione che va dalle “battutine” al femminicidio, e che a
livelli diversi ci investe tutte. Una consapevolezza che ci dovrebbe far
riflettere sul fatto che anche chi non ha subito una violenza fisica
e/o sessuale ha sicuramente subito nella sua vita una forma di
discriminazione che è in sé per sé una violenza. Il numero crescente di
femminicidi nel mondo dimostra come molte donne siano ancora ad alto
rischio di vita in un contesto dove però questo non è percepito
adeguatamente, tanto che la maggior parte dei governi a livello globale
non prendono in seria considerazione l’applicazione di politiche dirette
al contrasto della violenza contro le donne né tentano di salvare la
vita di queste donne investendo sulla prevenzione e sulla protezione. E
anche nei Paesi cosiddetti “democratici” l’idea patriarcale del potere
in cui, anche se possono apparire avanzate, in realtà non superano il
pregiudizio che le donne vengono sempre e comunque dopo gli uomini. La
speranza è che siano le donne a risollevare le loro teste per dire no
agli uomini che alzano la mano su di loro, solo così gli uomini potranno
interrogarsi sul perché hanno quella mano alzata.