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giovedì 14 febbraio 2013




“One Billion Rising” con femminicidio



Nel giorno di “One Billion Rising”, la campagna lanciata da Eve Ensler nel 15° anniversario del V-Day (Vagina Day) in cui un miliardo di uomini e donne vengono invitati ad alzarsi e a ballare tutti insieme contro la violenza maschile sulle donne, la giornata comincia con la morte di una donna uccisa con 4 colpi di pisola al braccio e alla testa. A sparare in Sud Africa alle 4 del mattino nel proprio appartamento di Silverlakes a Pretoria, è stato il noto atleta Pistorius, primo sportivo paralimpico ad aver partecipato alle Olimpiadi, che ha ucciso la sua fidanzata, la modella Reeva Steenkamp di trent’anni, che frequentava l’uomo da novembre. Secondo il racconto di Pastorius, lui avrebbe sparato perché pensava che a quel’ora fossero entrati i ladri in casa sua, e solo dopo averla uccisa ha ipotizzato che forse la donna era entrata nel suo appartamento di nascosto per fargli una sorpresa per san valentino. Molti giornali hanno scritto che probabilmente si tratta di un errore, ma gli inquirenti già da ora hanno escluso questa ipotesi dell’errore, sostenendo che, come dice Sky24, “l’ipotesi dell’errore non regge” e che si tratti quindi di “omicidio”. “Si è inoltre appreso – riporta tgcom 24 – che alcuni vicini di casa di Pistorius hanno sentito all’alba di questa mattina grida e urla provenire dall’abitazione dell’atleta”. La polizia sudafricana avrebbe poi anche aggiunto che “la villa è molto sicura, sempre sotto controllo” e che sarebbe “strano che potesse entrarvi un ladro” per i controlli rigidissimi che ci sono per entrare nel lussuoso complesso residenziale, e che Pistorius sarà sottoposto a controlli medici per stabilirne il livello di alcol e la presenza di eventuali segni di colluttazione. Inoltre Pastorius prima di uccidere Reeva Steenkamp, aveva già dei precedenti per aggressioni su una ragazza di 19 anni che nel 2009 aveva denunciato l’atleta per lesioni personali gravi tanto da farlo trattenere per una notte in prigione: anche se poi la ragazza ritrattò cambiando l’accusa in aggressione semplice così da far rilasciare Pistorius.
Oggi però questa notizia sconvolge perché ancora nel mondo la quantità di possibili femminicidi perfetti fa rabbrividire, e soprattutto chiarisce come anche l’uomo più insospettabile può essere pericoloso non perché sia malato di mente ma semplicemente violento, e che un uomo ricco, bello e importante possa anche pensare di eliminare fisicamente la propria compagna pensando di farla franca. In Italia stamattina la ministra della giustizia Paola Severino ha detto a Radio24 di voler escludere i delitti violenti contro le donne dai reati per i quali possono essere ottenuti benefici e riduzioni di pena, sottolineando che “Il prossimo Parlamento potrebbe prevedere che reati che sono connessi a violenza sulle donne devono essere esclusi dal novero dei reati che possono godere di benefici”, come deterrente. Ma la violenza sulle donne non è solo un reato perché comprende un modo di pensare, una cultura, un pregiudizio profondamente radicato negli uomini e nelle donne, che non coinvolge solo chi la subisce o chi ne è autore, ma anche chi la sostiene e chi non la riconosce, in un contesto dove in realtà tutte le donne subiscono una forma di violenza nella vita e in quanto donne sono tutte potenziali vittime di femminicidio.
La violenza contro le donne è un fenomeno che tocca tutte noi perché non è solo violenza sessuale o fisica, ma è anche violenza psicologica o economica, e avviene in diversi contesti come la famiglia, ma che può essere sostenuta e perpetrata dalle istituzioni, a scuola, sul lavoro, e comincia già quando l’educazione impone alle bambine un certo tipo di comportamento e di ruolo ben definito resettando il nostro cervello su quello che puoi o non puoi fare, basandosi su un pregiudizio per cui una femmina è in grado o non è in grado di intraprendere qualcosa: un messaggio che quella bambina avrà impresso dentro di sé fino a diventare un riflesso condizionato, e di cui può liberarsi solo con la consapevolezza, teorica ma anche pratica, che è sbagliato. Alla base di ogni violenza sulle donne c’è sempre e comunque la discriminazione, che può essere combattuta solo con un bilanciamento di potere in politica e ai vertici delle aziende, così come nella sfera privata che in quella pubblica, in una scala di discriminazione che va dalle “battutine” al femminicidio, e che a livelli diversi ci investe tutte. Una consapevolezza che ci dovrebbe far riflettere sul fatto che anche chi non ha subito una violenza fisica e/o sessuale ha sicuramente subito nella sua vita una forma di discriminazione che è in sé per sé una violenza. Il numero crescente di femminicidi nel mondo dimostra come molte donne siano ancora ad alto rischio di vita in un contesto dove però questo non è percepito adeguatamente, tanto che la maggior parte dei governi a livello globale non prendono in seria considerazione l’applicazione di politiche dirette al contrasto della violenza contro le donne né tentano di salvare la vita di queste donne investendo sulla prevenzione e sulla protezione. E anche nei Paesi cosiddetti “democratici” l’idea patriarcale del potere in cui, anche se possono apparire avanzate, in realtà non superano il pregiudizio che le donne vengono sempre e comunque dopo gli uomini. La speranza è che siano le donne a risollevare le loro teste per dire no agli uomini che alzano la mano su di loro, solo così gli uomini potranno interrogarsi sul perché hanno quella mano alzata.

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