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sabato 7 settembre 2013

L’adulto che è stato vittima nell'infanzia di maltrattamenti o abusi

Conoscere le gravi conseguenze delle esperienze traumatiche in età precoce è fondamentale per poter aiutare gli adulti che si presentano in psicoterapia con problematiche legate a violenze o abusi infantili.
Le persone che nell'infanzia hanno vissuto esperienze traumatiche o situazioni di cronica violenza in famiglia molto spesso si trovano a sviluppare sintomi fisici e psicologici molto importanti, diventano adulti portatori di sofferenze e problemi. Troppo spesso nessuno associa a maltrattamenti subiti nell'infanzia con i problemi vissuti nell'età adulta.


Uscire dal dolore e dalla disperazione si può. Occorre trovare il coraggio di chiedere aiuto. 
Abusi sessuali infantili e problemi nell'età adulta
Molto spesso i bambini e le bambine che subiscono abusi sessuali nell’infanzia non hanno la possibilità di ricevere un adeguato sostegno psicologico quando rivelano l’abuso sessuale subito, ma non è certo infrequente che molte vittime di abusi sessuali e incesto non abbiano mai la possibilità di comunicare a nessuno la  loro esperienza traumatica.

La vergogna, la paura, il senso di colpa, la solitudine possono relegare nel silenzio la piccola vittima, impedendole quindi di ricevere l’aiuto psicologico ed emotivo che serve per superare l’orrore. Ci si trova quindi frequentemente di fronte a donne che solo nell’età adulta hanno il coraggio di chiedere aiuto ad uno psicologo, donne in cui l’esperienza dell’abuso sessuale ha lasciato conseguenze importanti anche se troppo spesso non direttamente associate (erroneamente) all’abuso stesso.

Lo psicologo spesso si può trovare in situazioni in cui il proprio paziente (in genere donna, ma anche uomo) si rivolge a lui per motivi completamente diversi dall’abuso sessuale e solo durante il trattamento emerge il racconto della violenza sessuale subita nell’infanzia.


Maltrattamenti infantili e sofferenza negli adulti

Molti adulti chiedono aiuto allo psicologo per una condizione di acuta sofferenza, spesso cronica o che persiste da anni, senza avere alcuna idea del perchè si trovino a soffrire: malattie psicosomatiche, ansia, dolori fisici, disturbi di personalità, problemi alimentari  , dipendenza da sostenze, delinquenza, gravi problemi nelle relazioni con gli altri, problemi sessuali, possono essere diretta conseguenza di violenze fisiche, psicologiche o sessuali subite nell'infanzia. E' molto importante riuscire a capire la relazione fra la sofferenza attuale e quella di un tempo, per rielaborare il proprio passato, per dargli un senso, per mettere ordine nei propri ricordi, per guardare al futuro in modo diverso.


Ricordare fa stare meglio

Una delle fasi centrali della psicoterapia di un soggetto traumatizzato risiede nell'elaborazione del trauma. Non tutti i traumi sono uguali e non in tutti i soggetti ha le stesse conseguenze; ogni terapeuta dovrà quindi valutare attentamente quali strumenti usare per lavorare sul trauma, ed in quale momento della terapia utilizzarlo. Ciò che è tuttavia fondamentale è che il trauma venga trattato.

L'affermazione può apparire banale, ma non lo è affatto se si considera che ancora oggi, pur senza alcun supporto scientifico, molti terapeuti considerano salutare per il paziente far mettere la "classica pietra sopra" e non pensarci più.

Un trauma non analizzato produrrà effetti devastanti sul soggetto anche per tutta la vita.  "Se volessi  rappresentare con una immagine la relazione che esiste tra il trauma dell’abuso e la verità, (descrivendo quindi il percorso necessario al disvelamento dell'abuso sessuale) l’immagine che mi sembra più adatta non è quella di una strada diritta, ma quella di un sentiero  pieno di ostacoli, a tratti ripido, a volte cancellato o franato, dove si può perdere l’orientamento, un sentiero comunque faticoso e cosparso di imprevisti. Chi si trova ad avventurarsi su questo sentiero per andare incontro al paziente deve mettere in conto di affrontare diversi ostacoli" . Gli ostacoli sono nei divieti esterni (degli adulti che hanno impedito al bambino vittima di abusi sessuali di parlare, o che lo minacciano, o che hanno utilizzato forme di intimidazione o di  ricatto affettivo) e sono nei  divieti interni, nel bisogno della persona di mantenere la relazione affettiva di dipendenza nei confronti dell’abusante, di salvaguardare l’unità famigliare (se si tratta di incesto) o comunque nelle emozioni di colpa, vergogna, stigmatizzazione, tradimento, che si frappongono alla possibilità di parlare.

Sappiamo che chi ha vissuto una esperienza traumatica cerca di rimuoverla, vuole evitare di pensarci: noi chiediamo quindi al paziente di dire proprio quello che lui cerca di dimenticare. Un grosso ostacolo alla verità è posto proprio dal soggetto stesso, dalle difese di evitamento che lui mette in atto.

Attualmente, grazie alle ricerche sul funzionamento della mente, gli psicologi che lavorano a stretto contatto con soggetti che hanno vissuto esperienze traumatiche, si vanno orientando nella direzione del far ricordare. Oggi si sostiene quindi che il racconto di esperienze traumatiche del passato, quali l’aver subito violenza, ha un effetto positivo sulla salute non solo psicologica ma anche fisica dell’individuo.

Numerose ricerche ( Pennebaker 1985- 99) su adulti che avevano vissuto esperienze traumatiche quali abusi sessuali, incesto, violenze in famiglia, tentativi di suicidio, mostrano questa stretta connessione tra ricordi, emozioni e stato di salute. La ricerca era così impostata: al gruppo sperimentale  veniva chiesto di scrivere, per quattro giorni consecutivi e per 15 minuti al giorno, un racconto sulle proprie esperienze traumatiche, mentre al gruppo di controllo veniva chiesto di scrivere su argomenti non emotivi. Da controlli medici effettuati prima e dopo l’esercizio di scrittura  è stato rilevato un miglioramento nello stato di salute soltanto in quelli che avevano avuto il compito di raccontare le proprie esperienze traumatiche. L’effetto positivo viene riscontrato nei marker ematici, nella aumentata capacità dell’organismo di resistere alle malattie, nell’aumento delle funzioni immunitarie: tutti effetti che si manifestano dopo un po’ di tempo dal racconto, mentre nell’immediato l’umore peggiora, emergono stanchezza e infelicità. Cerchiamo di capire il perché.

Quando si scrive, si è inevitabilmente portati a esplorare il significato emotivo dell’avvenimento, a tradurre l’esperienza in parola. Via via che l’esperienza viene raccontata i dettagli inutili spariscono dalla narrazione e restano solo gli elementi più importanti. Questo comporta una elaborazione cognitiva che permette di inserire l’avvenimento nella propria storia personale, dandogli un significato.

Queste ricerche dicono che per stare meglio è necessario dare un significato ai ricordi per renderli non frammentari ma coerenti, connettere i pensieri e le emozioni. Le ricerche sulle vittime dell’Olocausto, sui reduci di guerra che hanno assistito o compiuto atrocità, sulle donne stuprate ci dicono che queste esperienze non possono essere raccontate se il soggetto prova ansia, vergogna, sensi di colpa, paura. Dato che il ricordo comunque riemerge, e con esso queste emozioni penose, la persona cerca di inibire le emozioni, di controllare i pensieri e i comportamenti; questo meccanismo richiede un grosso dispendio di energie psichiche, con la conseguenza di aumentare lo stress e l’ansia: da ciò dipende la maggiore vulnerabilità alle malattie  non solo psichiche ma anche fisiche.


Le violenze nell'infanzia distruggono la fiducia nel mondo

La violenza sessuale e le gravi violenze fisiche  o psicologiche distruggono il sogno di un mondo “buono”. E’ stato chiaramente stabilito dalla letteratura socio psicologica corrente che le persone tendono a credere in un mondo giusto dove le buone cose succedono alla brava gente e quelle brutte alla gente cattiva. Questa convinzione probabilmente esercita una funzione difensiva cosicché la gente si sente meno vulnerabile a eventi negativi casuali. L’accadere di un particolare evento negativo, come uno stupro, un abuso sessuale, o l’incesto, é in contraddizione con la convinzione di un mondo giusto.

In un'ottica più cognitivista Hollon e Garber  suggeriscono che quando un individuo riceve nuove informazioni che sono in contrasto con precedenti convinzioni o schemi, succedono di solito due cose: l’assimilazione o l’accomodamento. L’assimilazione si riferisce al processo in cui l’informazione viene alterata o distorta per adattarsi (essere assimilata) nello schema esistente. L’accomodamento, d’altra parte, implica un cambiamento degli schemi esistenti per accettare nuove e incompatibili informazioni. Si osserva frequentemente, nelle vittime di stupro e di abusi sessuali sia in età adulta che nell’infanzia,  il processo di assimilazione quando la donna o la bambina si colpevolizza per essere stata aggredita o per non aver resistito con successo allo stupro, chiedersi se l’accaduto sia davvero uno stupro, o sviluppare un’amnesia per tutto o parte dell’evento.

L’obbiettivo del trattamento è di aiutare il soggetto a non assimilare (distorcendo l’evento per adattarlo a convinzioni precedenti lo stesso), bensì a ristrutturare gli schemi di riferimento in armonia con le nuove informazioni senza cadere in un processo di “eccessivo accomodamento”.

Un approccio terapeutico che stimoli la narrazione dei ricordi dell’evento e poi confronta direttamente i conflitti e le convinzioni disadattive, può essere più efficace che solo una terapia di “esposizione” prolungata.


Gli atti violenti sono più pericolosi delle catastrofi naturali, perché, a differenza delle vittime di un disastro naturale, quelle della violenza umana sentono di essere state prescelte come bersaglio di un intenzionale atto malvagio. Questa sensazione manda in frantumi tutti gli assunti sulla fidatezza delle persone e sulla sicurezza delle relazioni interpersonali, assunti che le catastrofi naturali lasciano invece intatti. Nel giro di un istante, il mondo, inteso come luogo sociale, diventa pericoloso, popolato com’è di persone che rappresentano potenziali minacce alla sicurezza.
La memoria delle vittime della crudeltà umana resta in qualche modo segnata ed esse considerano con paura qualunque elemento che ricordi anche solo vagamente l’assalto subito.

La reazione al trauma condiziona pesantemente le relazioni significative della vittima, che, diventata adulta, si sente diffidente, tradita e impotente e tende quindi ad abbandonare o a strumentalizzare gli altri, generando inevitabilmente distanziamento ed esclusione.

Ad esempio un adulto con alle spalle un abuso cronico infantile, quando vive una relazione positiva, connotata da intimità e dipendenza affettiva, sovente si sente in pericolo, vulnerabile e questo stato può riattivare il trauma originario.

Alla luce dei meccanismi post-traumatici descritti, appare chiaro come il trauma ripetuto in età precoce formi e deformi la personalità.

Cristina Roccia
 

1 commento:

  1. Buongiorno a tutti quelli che hanno letto il mio articolo su questa pagina. Se volete raggiungere la mia pagina WEB dove è pubblicato l'articolo il nuovo link è https://synergiacentrotrauma.it/terapia-trauma-e-ptsd/. CRISTINA ROCCIA, esperta di traumi da più di trent'anni, oggi lavoro online in videochiamata

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