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mercoledì 22 maggio 2013

Bambino di 7 anni in "manicomio" per "salvare" suora accusata di pedofilia



Aggiornamento: Sabato 25 maggio ci sarà una manifestazione di protesta, per informazioni vedi: http://www.ccdu.org/comunicati/brescia-manifestazione-riportare-casa-bim...
 
Brescia - Alcuni giorni fa i membri del Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani e di Pronto Soccorso Famiglia sono stati contattati da una mamma disperata a causa del ricovero "coatto" del figlio di soli sette anni nel reparto psichiatrico dell’ospedale di Brescia. L’avvocato Francesco Miraglia del foro di Modena ha depositato oggi il mandato per riaprire il caso sull’episodio di pedofilia riferito dal bambino nei confronti di una suora di un asilo di Brescia, per fare luce sul comportamento delle istituzioni sociali e sanitarie locali e soprattutto per restituire il bambino alla sua famiglia.
Alcuni anni fa Gianni (nome di fantasia) ha riportato con dovizia di particolari gli episodi di abuso sessuale commessi da una suora nell’asilo che frequentava. La mamma si è rivolta alle istituzioni ma il bambino non è stato creduto, e soprattutto non sono state avviate le procedure standard volte ad avviare le indagini e a proteggere il minore. Anzi le istituzioni si sono accanite contro il bambino. Gianni è stato affidato ai servizi sociali e le istituzioni che non hanno saputo riconoscere i segni evidenti degli abusi ma hanno incolpato la mamma dei problemi di Gianni. Alla fine Gianni è stato allontanato dalla famiglia, nonostante non ci fossero indizi di maltrattamenti famigliari, ed è stato ricoverato in una casa famiglia. La motivazione di un provvedimento tanto grave ed estremo si può riassumere così: " sì, volevano comprendere i problemi del bambino ". Potrebbe sembrare assurdo che un bambino venga tolto a una famiglia per delle motivazioni talmente superficiali, ma purtroppo in Italia questa è diventata una pratica abbastanza comune. Secondo i ritrovamenti di una ricerca della regione Piemonte e di altre ricerche, infatti, oltre il 70% dei minori sono allontanati senza motivi gravi o accertati.
A questo punto le cose sono precipitate e il bambino ha dato in escandescenze contro questo provvedimento assurdo, chiedendo di tornare dalla mamma. Le istituzioni, invece di cogliere le ovvie motivazioni dello stato del bambino, lo hanno trasferito in un reparto di psichiatria con un " grave disturbo esplosivo del comportamento e dell’umore ", sedandolo pesantemente con il Risperdal: un potente antipsicotico. Da notare altresì che secondo il foglio informativo NON è " raccomandato per l’uso nei bambini al di sotto di 18 anni con schizofrenia, per la mancanza di dati sull’efficacia ". Inoltre il farmaco è stato somministrato in due pillole da un milligrammo al giorno (con posologia aumentabile fino a 3 milligrammi al giorno) sebbene il foglio illustrativo indichi che:
Nei pazienti con peso inferiore a 50 kg, si raccomanda di iniziare il trattamento somministrando 0,25 mg una volta al giorno. Tale dose può essere adattata individualmente, se necessario, con aumenti di 0,25 mg una volta al giorno, esclusivamente a giorni alterni. Per la maggior parte dei pazienti, la dose ottimale è 0,5 mg una volta al giorno .
A questo farmaco i medici hanno aggiunto anche una dose di 1 milligrammo di Depakin, che è un antiepilettico. Ma il bambino non soffre di epilessia e pertanto lo scopo di questo farmaco è solamente sedativo. Infatti questo farmaco:
...può potenziare l'effetto di altri farmaci psicotropi come i neurolettici ” e “ poiché aumenta le concentrazioni plasmatiche di fenobarbital può verificarsi sedazione soprattutto nei bambini .
In pratica viene pesantemente sedato con due potenti farmaci in dosi da cavallo perché è un bambino di 7 anni che non può comprendere come mai viene sottoposto a questi provvedimenti coatti e che giustamente protesta. Anche un bambino lo capirebbe, ma a quanto pare i “competenti” medici degli Spedali Civili di Brescia non ci arrivano.
In realtà le ragioni del disagio del bambino sono scritte nella stessa lettera di dimissioni firmata dalla dottoressa Battaglia Silvia per il trasferimento alla struttura psichiatrica: “ abuso subito da parte di una suora, separazione dalla madre per essere rinchiuso in comunità o in ospedale ”. Ma queste affermazioni vengono considerate “ pensieri privi di nessi logici con vissuti traumatici non sequenziali ”. Mentre le affermazioni del bambino: “ mi avete traumatizzato ” e “ mi volete fare del male ”, che corrispondono alla realtà dei fatti, vengono considerate di “ tipo persecutorio ”.
In effetti agli occhi del bambino l’essere strappato dalla mamma, sedato violentemente e rinchiuso in un ospedale è una vera e propria persecuzione e le sue affermazioni sono precise e puntuali. Ma per i professionisti dell’ospedale di Brescia il bambino presenta una “ disorganizzazione del pensiero ” e va quindi trasferito in una struttura psichiatrica ad alto contenimento per minori che, a nostro avviso, è semplicemente un piccolo manicomio per minori: da una prima valutazione sommaria sembra infatti avere le caratteristiche classiche del manicomio. Inoltre la Comunità accoglie pre-adolescenti e adolescenti, maschi e femmine, di norma tra i 12 e i 18 anni, con eventuale possibilità di anticipo a 8 anni, sulla base di specifici bisogni clinici o sociali. Quindi non è neppure adatta per un bambino di soli 7 anni.
Questa vicenda incredibile nella “civile” Italia ci ricorda la storia di Carmela Cirella, la ragazzina di tredici anni che nel 2007 è volata giù dal settimo piano, dopo aver subito diversi abusi e violenze sessuali, ma soprattutto dopo aver constatato sulla propria pelle l'assoluta incapacità delle istituzioni, nel rispondere alle sue richieste di aiuto. E purtroppo le conclusioni di una recente ricerca della regione Piemonte si stanno rivelando drammaticamente fondate:
L’attuale sistema di sostegno e tutela dei minori sta rischiando di andare in corto circuito a causa del potere sproporzionato degli operatori sociali e della leggerezza con cui le decisioni di allontanamento vengono prese. Decisioni che segnano le serenità di intere famiglie e soprattutto il benessere psicologico degli stessi bambini che oggi si vogliono proteggere e che domani, quando saranno adulti e genitori, presenteranno il conto alla società civile che verrà. Bisogna puntare il dito e riflettere sulla cultura errata che si sta diffondendo e che anziché difendere e tutelare i minori li mette in gravi difficoltà e li espone a drammi difficilmente superabili.
Il Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani continuerà la battaglia per questo piccolo con tutti i mezzi e in tutte le sedi possibili, finché non sarà fatta luce su tutta la vicenda e il bambino non sarà restituito alla sua vita normale.
Silvio De Fanti
Vicepresidente del Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani Onlus
http://www.ccdu.org/comunicati/bambino-7-anni-manicomio

sabato 18 maggio 2013

Bambini scomparsi: la speranza di ritrovarli non muore mai




A volte ci vogliono vent’anni per risolvere un caso di scomparsa di minore. Un tempo infinito per chi aspetta, che però ci insegna che anche casi come quello di Denise Pipitone possono, quando meno te lo aspetti, trovare di colpo una soluzione. Oggi vi raccontiamo tre storie vere, tre storie incredibili, storie successe sulla strada per andare a scuola, che sembrano uscite da qualche film e che invece sono accadute davvero: e dove c’erano molte meno probabilità di scoprire la verità rispetto a quello che è successo a Mazara del Vallo con la piccola Denise (sequestrata, lo ricordiamo, il 1 settembre 2004).
Siamo in California. E’ il 10 giugno del 1991 quando Jaycee Lee Dugard, 11 anni, sparisce mentre aspetta l’autobus per andare a scuola. I testimoni diranno alla polizia che la ragazzina è stata caricata a forza su un’auto, da due persone: e questo, per molto tempo, sarà tutto quello che se ne saprà. Agosto del 2009, diciotto anni dopo: un uomo di quasi sessant’anni attrae l’attenzione di due poliziotti. Sta distribuendo dei volantini religiosi all’università di Berkeley ed ha con sé due bambine. Fin qui niente di strano, ma a dimostrazione che il dna non risolve tutto e l’intuito conta ancora molto, ecco che qualcosa non torna, ai due uomini. Gli chiedono i documenti, quello esita, dice e non dice; così fanno un controllo in Centrale e scoprono che ha precedenti per reati sessuali.
Gli ordinano di andare nell'ufficio dello Sceriffo, con tutta la famiglia. E qui un’altra figlia trova la forza di dire chi è davvero: Jaycee Lee Dugard, una “missing child”, come direbbero gli americani. Il presunto padre, Luis Garrido, viene arrestato con la moglie Nancy per sequestro di persona, stupro ed un’altra mezza paginata di reati. Le indagini metteranno a fuoco la vita di un fanatico religioso. I vicini, in piena notte, spesso lo sentivano pregare o cantare a voce alta. Dietro casa c'era ancora, parcheggiata, l'auto utilizzata 18 anni prima per rapire Jaycee, che per tutti questi infiniti anni aveva vissuto in una tenda dietro casa Garrido. Una tenda piena di robaccia e rifiuti, dove aveva messo al mondo due figlie, d'età compresa tra gli 11 e i 15 anni. ''Quello che è successo all'inizio può sembrare una cosa disgustosa – riesce a dichiarare Garrido - ma poi ho costruito la mia vita intorno a questo e tutto è completamente cambiato. Sentirete la verità dalla voce della stessa Jaycee e resterete impressionati da questa storia". Non è andata così: è finita con lui in galera e i genitori di Jaycee che, sconvolti, hanno ritrovato una figlia.
etanAdesso ci spostiamo a New York, dove il 25 maggio 1979, anche qui sulla strada per una fermata d’autobus, sparisce Etan Patz, di 6 anni. Etan  non è il primo bambino ad esser stato sequestrato negli Stati Uniti. Ma diverrà il centro di una grande mobilitazione per ritrovarlo ed il simbolo di tutti i bambini scomparsi negli Usa: il suo volto è stato il primo a comparire sui cartoni del latte. Etan chiedeva ai suoi genitori di poter essere più grande, di andare a scuola da solo. E quel giorno di fine maggio era per lui un traguardo: era uscito dalla sua casa di Prince Street con una moneta da un dollaro in tasca ed il permesso di andare da solo a scuola. Un giorno di festa, che fu per lui l’ultimo giorno.
Etan sparì e per mesi non se ne seppe nulla. Per anni. Sei anni dopo, nel 1985, si scoprì che la baby sitter di casa Patz aveva un amico che era pedofilo. Il sospettato si chiamava Jose Ramos e anni dopo sarebbe finito in galera per reati sessuali: ammise che quel giorno del 1979 aveva portato un bambino a casa per abusarne, ma non riusciva a ricordarsi se fosse Etan o no. Proprio non riusciva. Al 90% poteva essere lui, ma chi se ne ricordava più? Ed in assenza di un cadavere, in assenza di prove, le indagini dovettero fermarsi ad un passo dalla verità. Intanto, nel 2001, Etan fu dichiarato legalmente morto, e i genitori avviarono una causa civile contro Ramos. La vinsero nel 2004 e l’uomo fu condannato a pagare 2 milioni di  dollari di risarcimento. Per anni, ogni 25 maggio, il padre di Etan ha mandato in carcere a Ramos una foto di suo figlio, con su scritto: «Cosa hai fatto al mio piccolo ragazzo?».
Nel 2012, a sorpresa, salta fuori un nuovo sospettato. Si chiama Othniel Miller, è un amico di Ramos ed al 127B di Prince Street – sulla stessa strada di casa Patz, dunque- aveva il suo negozio di carpenteria. Un negozio nella cui cantina abusava dei bambini. La polizia per quattro giorni butta giù mezzo scantinato alla ricerca di tracce, ma niente. Si scava, si usano anche i cani che fiutano i cadaveri, si cerca una traccia qualsiasi che porti al cadavere del bambino. Niente.
Nelle stesse settimane, però – siamo a maggio del 2012 - la polizia d New York riceve anche la telefonata del parente di un uomo che si chiama Pedro Hernandez: nel 1979 lavorava anche lui in un negozio sulla Prince. Al suo parente, Pedro aveva confessato di aver ucciso un bambino, ma non ne aveva detto il nome. Sembrava una traccia interessante, comunque tanto valeva provare. Lo  fermano ed Hernandez tra le lacrime confessa: aveva attirato Etan nel negozio con una caramella e poi l’aveva strangolato. E se il cadavere non s’era trovato è perché lo aveva fatto a pezzi e lo aveva gettato nella spazzatura. A novembre scorso è stato ufficialmente accusato di sequestro e omicidio: ma tutto si regge sulla sua confessione ed un mese dopo, in attesa del processo, Hernandez si è dichiarato innocente. Ventiquattro anni dopo, il caso è aperto.
nataschaUltimo caso, quello più conosciuto. E’ il 2 marzo del 1988, a Vienna, quando torna al mondo, ormai adulta, una bambina sparita otto anni prima: Natascha Kampush. "Quella mattina ero triste, la sera prima avevo litigato con mia madre – dichiarerà in un’intervista televisiva - quando uscii non pensai a fare pace con lei subito. Vicino alla Melangasse vidi la sua macchina, pensai di andare sul marciapiede opposto, non so perché, ero angosciata, ma non lo feci. Lui mi afferrò, cercai di gridare, non mi uscì nessun suono. Mi disse che non mi sarebbe successo niente se fossi stata zitta. Poi mi ha detto che si trattava di un sequestro e se i miei genitori avessero pagato un riscatto, mi avrebbe subito liberata. Ma io sin dal primo momento pensai che mi avrebbe ucciso".
Poi Wolfgang Priklopil la portò nella cella sotterranea. "Lui mi ha lasciato mezz'ora al buio. Ero disperata e furiosa. Ero arrabbiata con me stessa per non aver cambiato marciapiede. C'era un ventilatore. All'inizio quel continuo rumore era insopportabile, mi sono quasi venuti attacchi di claustrofobia, ho battuto contro il muro con i pugni e con le bottiglie di acqua. Era orribile e se lui, prima o poi, non mi avesse portata nella casa per darmi un po' di libertà di movimento, forse sarei impazzita". Conosciamo la storia: quando Natasha riesce a fuggire, otto anni di sevizie più tardi, Priklopil si uccide.  Era la fine di un incubo, ma sarebbe stato anche l’inizio di una lunga e mai conclusa serie di polemiche: iniziata con la scoperta che la madre di Natasha conosceva Priklopil e forse aveva avuto una storia con lui. Polemiche proseguite con il libro di Alan Hall e Michael Leidig, “Girl in the cellar”, in cui si parla del ritrovamento di alcune foto scabrose di Natasha bambina, foto scattate dai suoi stessi familiari. La storia del sequestro nasconderebbe, come una scatola cinese, un’altra storia, anch’essa molto pesante…
Gli strascichi di questi otto anni non sono ancora finiti, come non finiranno facilmente le domande su tutte le occasioni avute dalla ragazza per fuggire: e non sfruttate. Le passeggiate con il suo sequestratore, le gite in montagna insieme, la preoccupazione di lei di rovinare, fuggendo, la vita della madre e degli amici di Priklopil…
Ma Natasha alla fine è tornata, come Jaycee. E forse sapremo la verità su Etan. Gli anni passano, alle volte sono tanti, alle volte insopportabilmente troppi per un padre e una madre. Ma non è mai troppo tardi. A volte i miracoli succedono.

giovedì 16 maggio 2013

Telefono Azzurro, 22,3% adolescenti vittime abusi in 2012





(ASCA) - Milano, 3 mag - In Italia la percentuale la di adolescenti vittime di abusi sessuali e' passato dal 13,4% nel 2009 al 22,3% nel 2012, laddove i soli episodi di 'altro abuso sessuale', categoria che include per lo piu' casi di adescamento on-line, hanno registrato un aumento del 10% dal 2008 al 2012.

Sono i dati allarmanti che emergono da una ricerca di Telefono Azzurro diffusa in occasione della 'Giornata nazionale per la lotta alla Pedofilia e Pedopornografia', domenica 5 maggio.

Cosi', dalla ricerca risulta in progressivo aumento anche la percentuale di abusi su bambini e adolescenti stranieri passata dal 9% nel 2011, al 19% nel 2012.

Tra gennaio e dicembre 2012 Telefono Azzurro ha gestito 173 casi di abuso: ''sono solo la punta dell'iceberg di un mondo inquietante molto piu' ampio'', precisa l'associazione.

''L'abuso sui bambini e adolescenti e' un fenomeno che tende a rimanere sommerso e che in Italia non e' sufficientemente monitorato'', commenta Ernesto Caffo, neuropsichiatra infantile dell'Universita' di Modena e Reggio Emilia e presidente di Sos Il Telefono Azzurro Onlus.

''Come e' ormai noto - aggiunge Caffo - la maggior parte degli abusi sessuali vengono messi in atto, in oltre l'80% dei casi, da persone conosciute, per lo piu' appartenenti al nucleo familiare. La pedofilia rappresenta pero' un fenomeno in costante evoluzione che va monitorato: oltre al coinvolgimento delle donne come responsabili, va monitorato il crescente numero di violenze sessuali commesse da adolescenti a danno di coetanei, cosi' come il dilagare del fenomeno dell'adescamento online''.

Contro la pedofilia e la pedopornografia Telefono Azzurro ha attivi diversi progetti per la segnalazione di abusi: linee di ascolto 1.96.96, 114 Emergenza infanzia e chat sul sito www.azzurro.it; il servizio ''Clicca e segnala'' al quale si accede sempre dal sito istituzionale dell'associazione; la nuova app lanciata in collaborazione con Facebook con consigli pratici per gestire i contatti, proteggere il profilo, rimuovere foto imbarazzanti, bloccare persone invadenti.

com-stt/mpd
http://www.asca.it/news-Pedofilia__Telefono_Azzurro__22_3_PERCENTO__adolescenti_vittime_abusi_in_2012-1274011-CRO.html

venerdì 3 maggio 2013

5 MAGGIO GIORNATA CONTRO LA PEDOFILIA E PEDOPORNOGRAFIA


(AGENPARL) - Roma, 03 apr - "Gli abusi sessuali a danno di minori, talvolta anche giovanissime vite, costituiscono una delle forme peggiori di violenza che la nostra società possa conoscere e che, purtroppo, rimane fra le meno denunciate: si pensi al fatto che la maggior parte dei casi riguarda bambini o bambine il cui abuso ha come scenario le mura domestiche o altri circuiti di fiducia". Così la Ministra per le Pari Opportunità, lo Sport e le Politiche giovanili, Josefa Idem, ha inteso richiamare l’attenzione sulla celebrazione della 5° Giornata nazionale contro la pedofilia e la pedopornografia che ricorre il prossimo 5 maggio. 
"Fortunatamente l’Italia si è dotata, già da molti anni, di uno dei sistemi normativi più avanzati in ambito comunitario e internazionale, per quanto concerne il contrasto al fenomeno. E  grazie alla recente ratifica della Convenzione di Lanzarote, il nostro Paese si è impegnato a garantire, oltre ad un’efficiente azione di repressione del crimine, anche la massima protezione delle vittime, ed efficaci misure di prevenzione di questo turpe fenomeno" aggiunge la Ministra Idem. 
"Conosco l'impegno costante del Dipartimento per le Pari Opportunità – evidenzia la Ministra Idem – in questo campo, attraverso sia il Comitato Interministeriale di coordinamento per la lotta alla pedofilia (C.I.C.Lo.Pe), per quanto riguarda la guida unitaria delle politiche in materia, sia l’attività dell’Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile, organismo strategico di studio e monitoraggio del fenomeno. E sarà per me un punto d’onore,  come ministra ed anche come madre, riaprire a breve i lavori già proficui di questi importanti organismi. 
La Ministra Idem sottolinea, altresì, come non vi siano "contesti o realtà che possano dichiararsi immuni da questo fenomeno: è necessaria un’azione congiunta con il coinvolgimento di tutti. La creazione di una cultura di prevenzione deve costituire l’obiettivo primario nella lotta alla pedofilia". "Ed è proprio in questo contesto  - prosegue la Ministra Idem - che  bene si inserisce la creazione del portale web dell’Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografina minorile, on line dallo scorso aprile, che si presenta non solo come un modo per dare voce ad un’esigenza reale dei nostri giorni, che è quello di conoscere il fenomeno, ma di farlo proprio attraverso l’utilizzo di uno specifico canale, che è lo spazio web, ambiente in cui ragazzi e adulti trascorrono buona parte della giornata". 
 "Auspico – conclude Idem - che le piccole vittime di questi crimini trovino la forza ed il coraggio di denunciare ciò che hanno subìto, anche e soprattutto attraverso il sostegno di reti familiari e sociali più consapevoli e protettive,  che possano aiutarli ad uscire dal silenzio e dalla solitudine in cui spesso si chiudono. Ma soprattutto trovino la forza di ricominciare a "nutrirsi di vita", quella vita che in parte già gli è stata sottratta".
http://www.agenparl.it/articoli/news/politica/20130503-minori-5-maggio-giornata-contro-la-pedofilia-e-pedopornografia

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