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lunedì 19 ottobre 2015

I pedofili possono avere quello che vogliono a prezzi più bassi in Marocco

Il Marocco può raggiungere anche nel 2015 la commissione per i diritti dell'infanzia
La  CRC in relazione a l'ONU,diversi organizzazioni per i diritti  bambini lanciano l'allarme circa la sfruttamento dei bambini e la prostituzione infantile.


Il Marocco fa parte, dal mese di marzo 2015, dei 194 paesi che controllano l'attuazione della Convenzione internazionale dei diritti dell'infanzia delle Nazioni Unite. Ma nel 2011 il paese ha avuto un rapporto sfavorevole da parte delle autorità americane circa traffico d'organi  d'esseri umani. Avrebbe fatto come molti progressi in 4 anni? Molte associazioni lanciano l'allarme sue bambini lasciati in strada , molti di essi abusi negli orfanotrofi e prostituzione minorile, che continua a crescere. Knack.be cercato cosa c'era dietro l'immagine idilliaca del Marocco ha fatto di spiagge, sole e palme.

Situato tra il mare e le maestose montagne dell'Atlante, Agadir è trasformata negli ultimi anni in una destinazione turistica prima piano. Se è buono per l'economia locale, questa espansione ha anche il suo lato oscuro. Sembra che la città è diventata una destinazione popolare per il turismo sessuale, con i bambini di strada, come le principali vittime. La prostituzione minorile sta diventando comune, secondo Abdelkhalek Benzekri, vice presidente dell'Associazione marocchina dei diritti umani (AMDH) ha oltre 100 uffici , un po 'in Belgio, Spagna e Francia. "Ogni giorno riceviamo segnalazioni di pedofilia. Soprattutto in città come Marrakech e Agadir. Naturalmente il fenomeno ha ora l'attenzione dei media, che lo rende più visibile. Ma nella maggior parte dei casi Notiamo e osserviamo  in particolare un aumento della prostituzione infantile. "

Agadir, Marrakech, Tangeri, Casablanca, Meknes. Tutte le principali città del Marocco sembrano colpiti dal fenomeno e hanno la reputazione di paradiso pedofilo. La domanda rimane sul perché. Secondo Benzekri, la povertà è colpa principale. "Il Marocco ha molte grandi famiglie. Alcuni non hanno i mezzi per raccogliere il maggior numero di bambini. Vengono poi abbandonati a loro stessi e non è sorprendente vederli girare alla prostituzione. Alcuni genitori non esitate a incoraggiare i propri figli alla prostituzione ".

Mohamed El Khalfioui, politologo presso ULB e Marocco specialista, conferma che alcuni genitori spingono i loro figli alla prostituzione. "La povertà spingendo alcune famiglie a rivolgersi a prostituzione come mezzo di sussistenza. Penso di sapere che questa non è una buona cosa, ma che alla fine permette ancora di sfamare le loro famiglie."

I bambini che lavorano in giovane età spesso sembra essere l'unica soluzione per le famiglie povere. Anche se il lavoro minorile è vietato dalla legge, sembra molto difficile ridurre il numero. Secondo Save the Children 2011 le statistiche, ci sarebbero 366 943 bambini di età compresa 5-14 anni che lavorano.

"I ragazzi lavorano principalmente come apprendista nel settore dell'artigianato e delle costruzioni. Per le ragazze, la situazione è spesso ancora più difficile dal momento che sono utilizzati principalmente come un buon modo permanente e non può mai o quasi smettere casa. Essi sono spesso picchiati e regolarmente lavorare oltre 20 ore al giorno. Senza contare che la maggior parte sono violentate dal datore di lavoro ", ha detto Abdelkhalek Benzekri.

Secondo l'organizzazione dei diritti dell'UNICEF per i bambini, Casablanca non conterebbe meno di 13.500 proprio sotto quindici anni. L'organizzazione End Child Prostitution, Child Porno¬graphy e il traffico di minori a fini sessuali (ECPAT) stima che il numero di giovani vittime di sfruttamento sessuale nella più grande città del Marocco è stato pari a 10.000 bambini.

Entità statali tuttavia cercano di limitare il fenomeno allineando leggi marocchini leggi internazionali. Ma nulla sembra ancora arginare il fenomeno che è ogni anno sempre più importante, anche se non è realmente dati ufficiali.

"Purtroppo per lo Stato, il sesso è un modo per attirare i turisti"

Per Benzekri è lo stesso atteggiamento dello Stato che potrebbe perpetuare il problema. "Lo stato regolarmente giustifica la violazione dei diritti umani. Si applica anche alla prostituzione minorile. Il settore turistico è il secondo del paese ed è una fonte importante di reddito. Ha lo scopo di attirare i turisti in ogni modo. E purtroppo il turismo sessuale è uno di loro ".

"Prima che il sud-est asiatico era la terra promessa di pedofili, ma lo tsunami che ha devastato la regione, hanno dovuto trovare altri posti", dice Benzekri. Il fatto che il Marocco è geograficamente più vicini gioca a suo favore. Proprio come molti collegamenti aerei low cost tra il Marocco e l'Europa. Nel paese stesso, tutto è più conveniente che in Europa. Sapendo che il tasso di cambio dell'euro è molto basso e che gli abusi sui minori va spesso impunito, si può solo questa dichiarazione amara: i pedofili in Marocco avere quello che vogliono a prezzi più bassi . "

Wided Bouchrika / Trad ML

http://www.levif.be/actualite/international/les-pedophiles-peuvent-avoir-ce-qu-ils-veulent-au-maroc-a-moindre-prix/article-normal-18639.html 

mercoledì 14 ottobre 2015

IL DRAMMA DELLE SPOSE BAMBINE

   IL DRAMMA DELLE SPOSE BAMBINE

 

Dodici anni sono pochi per sentirsi donna, per esserlo. Sono troppo pochi per morire. Era l’età di Rubina, la bimba pakistana, sposata da un mese e mezzo con un uomo molto più anziano, quando si è impiccata nel bagno dei genitori, proprio un anno fa, ed è diventata il simbolo della campagna “Indifesa” di Terres des Hommes. Aveva meno della sua età, soltanto otto anni, la scrittrice yemenita Khadija Al-Salami, prima donna regista nel suo Paese, quando fu costretta dalla famiglia al matrimonio forzato con un uomo di vent’anni più grande, violento, che la massacrava di botte. Sulla sua storia, che è quella di milioni di bambine nel mondo, ha scritto e diretto un film, “I am Nojoom, Age 10 and Divorced”, presentato quest’estate all’Istituto del mondo arabo, a Parigi, e al festival di Dubai.
«Ogni volta che cala il sole, ti chiedi se sopravviverai all’ennesima notte di violenza», ha detto Khadjia alla conferenza stampa di presentazione. La trama, in realtà, racconta l’esperienza di Noojom Ali (il nome le è stato cambiato in occasione del film, da Nujood Ali, che significa “guidata”, per assumere il nuovo significato di “stella nel cielo”), la più giovane divorziata di cui si abbia notizia, all’età di 10 anni, nel 2008, due anni dopo le nozze con il marito aguzzino quarantenne. Ma è un film soprattutto autobiografico, un film-specchio. È Khadija, la protagonista, insieme alla madre, anche lei moglie-bambola, all’età di otto anni. Racconta la regista in un’intervista su “Vanity Fair”, in occasione dell’uscita del lungometraggio: «Sono dovuta arrivare sull’orlo del suicidio. E mi sarei ammazzata di certo, se mio marito, stanco di quello che riteneva un comportamento inaccettabile, non mi avesse riportata alla mia famiglia. La ha praticamente accusati di averlo imbrogliato sulla qualità della merce, come si fa con un elettrodomestico difettoso».
Così, dopo tre settimane di vita coniugale da incubo, Khadija si è salvata. Rawan, la piccola connazionale, sposa anche lei a otto anni, è stata meno fortunata. Proprio un anno fa, moriva dissanguata per le ferite interne riportate durante la prima notte di nozze, senza miele. Qualche mese prima, a Siirt, nell’Anatolia sud-orientale, si toglieva la vita Kader, a soli tredici anni, pochi giorni dopo aver partorito il secondo figlio, in due anni di matrimonio, morto prematuro. Anche lei, costretta a sposare un uomo molto più vecchio, com’è tradizione in Turchia e in altri Paesi musulmani.
Secondo il principale quotidiano turco “Hürryiet”, sono oltre 180mila le ragazzine costrette alle nozze con uomini adulti, nel Paese. Nella regione di Kader, le mogli minorenni sono oltre il 40 percento. E ben l’82 percento sono analfabete.
È uno schiaffo, terribile, alla civiltà dei diritti umani e, soprattutto, dei diritti dell’infanzia, il dramma delle spose bambine. Nonostante numerose Convenzioni e Carte internazionali, insieme a leggi nazionali, proibiscano il matrimonio di minori di diciotto anni senza il libero consenso, dallo studio del Centro di ricerca “Innocenti” dell’Unicef sul “matrimonio precoce”, risulta che le nozze in età adolescenziale e addirittura puberale sono molto frequenti in alcuni Paesi, non soltanto musulmani. In particolare, in Medio-Oriente, nell’Africa sub-sahariana e in Asia, ma anche in America Latina e in Stati dell’Oceania, come Papua Nuova Guinea, le Isole Salomone e le Isole Marshall, e perfino in Europa, in Albania, in Macedonia, tra le popolazioni rom.
Nel mondo, ogni anno, sono oltre 14milioni, le bambine costrette a sposarsi. In Etiopia e in altri Paesi dell’Africa occidentale, come anche in India, non sono infrequenti le nozze obbligate per piccole di età inferiore agli otto anni. In Pakistan, all’età di cinque anni, sono considerate pronte al matrimonio ed educate ad un atteggiamento servile nei confronti dei maschi. In Rajasthan, l’età nuziale scende addirittura ai tre anni.
E la violenza sulla moglie “disobbediente”, perfino fino alla morte, è legittima. Le giovani spose “fuggitive”, che provano a tornare alla casa paterna, sono riconsegnate dai familiari al marito e punite, addirittura uccise in “delitti d’onore” ammessi dalla legge, in Paesi quali la stessa Turchia, l’Egitto, il Libano, il Bangladesh, e altri. Uno schiaffo alla dignità della donna.
I matrimoni precoci hanno gravi ripercussioni sulla salute psico-fisica, intellettuale, emotiva, affettiva e biologica delle piccole spose indifese, anche per l’effetto associato dei pericoli e delle conseguenze delle gravidanze premature, come nel caso di Kader. La mortalità delle giovanissime madri che partoriscono prima di aver compiuto 16 anni è sei volte superiore alle morti di parto dopo i 20 anni. Quasi il 90 percento delle giovanissime mamme sviluppa fistole vaginali. Le gravidanze in età pre-adolescenziale sono, in molti Paesi, la prima causa di mortalità infantile.
Al buio dell’attenzione mediatica, le morti delle spose bambine, per suicidio o a causa della violenza del marito, per parto precoce o per malattie contratte in relazione al matrimonio prematuro, qualcuna la prima notte di matrimonio, come Rawan, sono all’ordine del giorno, quasi mai riportate dalle cronache.
«Sono i principi della società che devono cambiare. Quando si pratica la barbarie si diventa barbari», afferma la regista yemenita, sposata con un veterinario francese, che non ha voluto figli, confessa, per i “ricordi troppo ingombranti” dell’infanzia. Anche chi tollera la barbarie, nel silenzio, si fa barbaro.
http://www.interris.it/2015/10/12/73452/posizione-in-primo-piano/schiaffog/il-dramma-delle-spose-bambine.html

domenica 11 ottobre 2015

Bambine abusate in ospedale

Bambine abusate in ospedale: l'orco era l'infermiere

 Sarebbero una ventina le vittime dell'infermiere dell'ospedale pediatrico Burlo di Trieste. L'uomo filmava anche le violenze con una microcamera nascosta. A scoprire tutto una mamma, insospettita dalle strane "manovre" dell'infermiere durante le visite

 

L'orco era nelle sale dell'ospedale pediatrico, il luogo dove bambine e bambini dovrebbe essere più protetti. Sarebbero infatti una ventina le ragazzine vittime di abusi da parte di un infermiere dell'ospedale pediatrico Burlo Garofalo di Trieste.
Le violenze risalirebbero a circa un anno fa. L'uomo, 59 anni, sfruttava il proprio ruolo all'interno del reparto di ortopedia dell'ospedale per avvicinare le ragazzine, tutte di età compresa tra i 2 e i 15 anni: l'infermiere-orco approfittava delle visite per toccarle in maniera impropria, filmando il tutto con una penna "micro spy", e spesso persino davanti agli stessi parenti delle vittime. L'infermiere riusciva ad agire in maniera veloce e senza dare nell'occhio, finché una mamma non si è insospettita. Dalla sua segnalazione sono partite le indagini.
Gli inquirenti hanno installato telecamere nascoste per monitorare i movimenti dell'infermiere, registrando le prove della sua colpevolezza. Ora l'uomo deve rispondere di violenza sessuale e detenzione di materiale pedo-pornografico: in casa aveva 250 video e migliaia di bambine molestate.
Tra le vittime c'è anche una dodicenne di San Donà, icome ricostruisce VeneziaToday, i cui genitori si sono rivolti all'avvocato Stefano Bruno Ferraro, costituitosi parte civile con la richiesta di 30mila in via prudenziale  per i danni morali, oltre valutare una causa civile nei confronti dell'ente ospedaliero, nel cui ambito sanitario la bambina avrebbe dovuto essere protetta e tutelata. L'infermiere si trova attualmente ai domiciliari. I suoi avvocati difensori hanno chiesto una perizia psichiatrica, che è stata concessa dallo stesso giudice che ne ha disposto l'arresto.
http://www.today.it/cronaca/infermiere-abusi-bambine-ospedale-burlo-trieste.html

sabato 10 ottobre 2015

Un prete siciliano ha pronunciato messa nonostante una condanna del tribunale ecclesiastico per abusi sessuali a un minore.

Prete pedofilo ma celebra ancora la Messa: "Il Papa intervenga" In Sicilia il sacerdote, condannato dal tribunale ecclesiastico, è stato autorizzato dal Vescovo a dire Messa. La denuncia di una Onlus

 Un nuovo scandalo pedofilia sembra profilarsi nell'orizzonte della Chiesa mentre è in corso il Sinodo sulla famiglia. 

due giorni fa le dichiarazioni di don Gino di Trento che "giustificava" i pedofili avevano scosso la tranquillità della Chiesa italiana. Ora arriva una nuova accusa che fa scendere un velo su quella lotta alla pedofilia portata avanti da papa Benedetto prima e Bergoglio poi.
Un prete siciliano ha pronunciato messa nonostante una condanna del tribunale ecclesiastico per abusi sessuali a un minore. Lo denuncia viene da una onlus antipedofilia, che ha ufficialmente chiesto a Papa Francesco di intervenire per far finire lo "scandalo". "Carlo Chiarenza - dice Roberto Mirabile, presidente de La Caramella buona - è stato condannato all'allontanamento per 8 anni dalla Sicilia e dalla sua diocesi perchè riconosciuto colpevole dalla sua chiesa di abusi sessuali nei confronti di Teodro Pulvirenti, quando quest'ultimo era un minore. Si tratta di una condanna in primo grado, ma pochi giorni fa il vescovo Nino Raspanti di Acireale (provincia di Catania, ndr) ha scandalosamente autorizzato Chiarenza a concelebrare una messa davanti a tanti fedeli".
La Messa, ha aggiunto la onlus, si è tenuta nella chiesa di Aci San Filippo, in provincia di Catania. Mirabile ha poi ricordato il caso di don Gino e delle sue parole "oscene e censurabili" sui bambini e sulla pedofilia: "Quelle erano parole - ha concluso- qui invece si è passati ai fatti".http://www.ilgiornale.it/news/cronache/prete-pedofilo-celebra-ancora-messa-papa-intervenga-1180571.html

mercoledì 7 ottobre 2015

Il prete giustifica la pedofilia


"I bambini cercano affetto". La diocesi lo sospende dagli incarichi
 Intervistato da La7 aveva "accusato" i bambini di essere la causa scatenante. L'arcidiocesi si dissocia e revoca gli incarichi al sacerdote

"La pedofilia posso capirla, l'omosessualità non lo so". Inizia così l'intervista di don Gino Flaim, collaboratore pastorale della parrocchia di San Giuseppe e San Pio X di Trento.
 Parole incredibili che hanno lasciato interdetti tutti gli ospiti dello studio di La7 durante la trasmissione "L'aria che tira"."Io sono stato tanto a scuola - continua il prete - e conosco i bambini. Purtroppo ci sono bimbi che cercano affetto perché non lo hanno in casa e quindi alcuni preti possono anche cedere". E alla domanda "sono quindi i bambini a provocare la pedofilia?", il parroco trentino annuisce. E aggiunge: "In buona parte sì". Insomma, la colpa è la loro (guarda qui il video).

      
"Ma che ho detto di tanto grave?". Sacerdote dal 1966, quando aveva 26 anni, collaboratore pastorale della chiesa di San Pio X a Trento, Don Gino Flaim, 75 anni, non sa ancora che le sue parole sui preti e la pedofilia hanno sconcertato l’Italia. La Curia trentina si è dissociata e gli ha revocato gli incarichi. "Sono qui davanti al computer a cercare di capire che cosa hanno trasmesso. Ma si sono presentati alla porta, non mi hanno nemmeno messo il microfono, ho detto solo poche parole, se ho detto qualcosa di grave l’ho detto senza saperlo" sottolinea Don Gino. Sui preti pedofili "ho detto che li capisco, non che li giustifico. È molto diverso". Dopo il clamore, "ho dovuto spegnere il telefono, non posso aprire la porta, ma mi mandano messaggi su Facebook. Ma sa che le dico? Quando ero giovane un vecchio sacerdote mi disse di andare sempre dritto per la strada principale, senza nascondersi. E così ho fatto anche questa volta. Pazienza, è stato messo in croce anche Gesù Cristo".
Il sacerdote prova a chiarire il senso delle sue affermazioni sui bambini che cercano affetto.

Ma non finiscono qui le dichiarazioni del parroco. Incalzato sulla necessità per la chiesa di condannare o meno la pedofilia, don Giulio dice che piuttosto "è un peccato e come tutti i peccati vanno accettati". Un'intervista che getta al vento tutte le parole di condanna alla pedofilia fatte da papa Benedetto prima e da Bergoglio poi.
L'attenzione si è poi spostata sul tema dell'omosessualità, in questi giorni al centro della discussione del Sinodo. Polemiche rinfocolate da coming out del teologo del Vaticano. "Le malattie vengono", inizia don Gino. Ed è una malattia?, gli viene chiesto: "Penso di sì - insiste - e penso che dentro a chi vive queste situazioni, pedofilia e omosessualità, ci sia molta sofferenza, perché si vede diverso e cerca di venirne fuori". "È umano", conclude don Gino. Chissà cosa ne pensano i bambini vittime della pedofilia.
Dopo qualche ora è comparso un comunicato della Chiesa di Trento che "si dissocia pienamente dalle dichiarazioni rilasciate da un anziano prete diocesano". "Egli, interpellato dalla cronista in un contesto del tutto casuale - prosegue la nota - ha espresso argomentazioni che non rappresentano in alcun modo la posizione dell'Arcidiocesi di Trento e il sentire dell'intera comunità ecclesiale". E per cercare di spegnere la polemica, il Vescovo ha anche deciso di revocare l'incarico di collaboratore pastorale e ne ha bloccato la "facoltà di predicazione".http://leggo.it/NEWS/ITALIA/don_gino_pedofilia_omosessulit_amp_agrave_diocesi_trento_revoca_incarichi_foto_video/notizie/1606412.shtml

martedì 6 ottobre 2015

Rapisce a scuola una bimba di 5 anni

Rapisce a scuola una bimba di 5 anni: "È mia figlia", e la stupra per tutta la notte

    • Pur di mettere le mani su quella bambina di cinque anni aveva escogitato un piano diabolico: aveva indossato un niqab, il tipico abito musulmano lungo e nero che nasconde il volto, si era presentata a scuola spacciandosi per la madre della piccola e se l'era portata via. Da quel momento in poi, fino alla mattina successiva, la bimba è stata tenuta prigioniera in casa della donna, ripetutamente violentata e abbandonata all'alba in un parco giochi, con una maglietta su cui fu trovato il dna della donna che l'aveva rapita. Smascherata e arrestata, Christina Regusters, un'educatrice 22enne che si occupa di infanzia, è stata ora condannata a 40 anni di prigione per le sue nefandezze. «È la sentenza più appropriata - ha detto Erin O'Brien, assistente procuratore distrettuale di Philadelphia - per far sì che quella donna non possa più nuocere a nessun altro». Christina aveva provato a difendersi sostenendo di aver tenuto in casa la bimba solo per salvarla dalle grinfie di un uomo non identificato, e che per questo motivo era stato trovato il suo dna sulla maglietta della piccola, ma i giudici non si sono lasciati abbindolare. Per la famiglia della vittima di questo incubo, però, ancora non è stata fatta completamente giustizia: i genitori, infatti, hanno fatto causa al distretto scolastico della città, accusandolo di negligenza per non aver accertato l'identità della donna che era andata a prendere la loro figlia e per non essersi accorto della mancanza della piccola se non dopo ore. La bambina, che oggi ha 7 anni, venne prelevata nel gennaio 2013 dalla Bryant Elementary School di Philadelphia. «Sono la mamma - disse Christina, allora 19enne, ai funzionari della scuola - porto mia figlia a fare colazione fuori». Non venne identificata e nessuno la fermò. Furono necessarie otto ore prima che il personale scolastico si rendesse conto che la piccola era sparita. La bimba, nel frattempo, era stata bendata e condotta nella casa degli orrori. Agli investigatori ha raccontato di essere stata nascosta sotto un letto durante la prigionia e di aver subito abusi sessuali. Un calvario durato fino a notte fonda, quando Christina la abbandonò in un parco giochi. Alle 4.40 un uomo che passava nelle vicinanze sentì delle urla provenire dall'interno e la trovò seminuda che piangeva a dirotto, con indosso solo una lunga maglietta: da quella esperienza è uscita con forti traumi psicologici e lesioni devastanti che hanno reso necessaria anche una colostomia. Christina, insospettabile educatrice per l'infanzia, fu incastrata da una serie di indizi, tra cui numerosi dettagli raccontati dalla bimba durante il processo. La donna, ripresa dalle telecamere di sorveglianza della scuola, conosceva la vittima perché si era presa cura in passato del suo fratellino, inoltre il Dna ritrovato sulla maglietta indossata dalla piccola al momento del ritrovamento era il suo. Per chiudere il cerchio, la bimba raccontò che nella stanza in cui era stata violentata c'era un pappagallo parlante: Christina ne possedeva uno. Senza contare che i pubblici ministeri trovarono nella cronologia internet del pc della donna siti di pornografia infantile, "anime" giapponesi in cui erano rappresentate torture su bambini e una pagina web con istruzioni su come distruggere la prova del Dna. 

    di Federica Macagnone

    http://www.leggo.it/NEWS/ESTERI/usa_rapimento_bambina_scuola_violenza/notizie/1606310.shtml 

    sabato 3 ottobre 2015

    I pedofili prendono le foto dei bambini dai social network dei genitori.

    La ricerca dell'Australia's new Children's eSafety

    Per i genitori sono le foto dell'amore e dell'innocenza ma per un pedofilo sono un bottino ghiotto. E difatti circa la metà del materiale rinvenuto nei siti pedopornografici proviene dai social di papà e mamme che volevano semplicemente condividere un momento di gioia del loro bambino.
    L'impressionante dato emerge da una ricerca della Australia's new Children's eSafety, l'organismo australiano che ha il compito di monitorare la sicurezza dei minori online. Dallo studio delle foto sequestrate nell'ambito delle ricerche di polizia contro la pedofilia sul web, dunque, è risultato che nel 50% dei casi si trattava di milioni di immagini di bambini che svolgono le normali attività quotidiane come nuotare, fare sport e nuotare. Foto che, agli occhi degli stessi genitori o dei loro amici, appaiono perfettamente innocue ma che nei dossier dei pedofili vengono sessualizzate con commenti irriferibili.
    Un componente della Australia's new Children's eSafety spiega come è possibile che gli scatti dei nostri figli possano finire nelle mani sbagliate: "Molti utenti dicono chiaramente di aver preso quel contenuto trafugandolo da un profilo nei social e spesso queste persone si scambiano l'indirizzo mail con l'invito di connettersi fuori dal sito per vendere il materiale".
    Toby Dagg, un investigatore che lavora per la commissione australiana, riporta che in un sito frequentato dai pedofili, dove erano catalogate 45 milioni di immagini di bambini anche molto piccoli, circa la metà sembravano prese direttamente dai social e poi etichettate in categorie con nomi del tipo: "Le amichette di mia figlia su Instagram".
    La stessa commissione avverte che spesso i genitori non si accorgono di quanto sia semplice rubare una foto postata su Facebook, anche perché dimenticano di postarla in un contesto privato utilizzando gli strumenti che il social comunque ha messo a disposizione per proteggere la privacy. E lancia un avvertimento a tutte le mamme e ai papà: "Una volta che hai condiviso una foto su Facebook, hai perso il controllo sul suo destino".
    http://www.huffingtonpost.it/2015/10/01/pedofili-foto-social-geni_n_8227954.html?ncid=fcbklnkithpmg00000001

    La disposizione degli articoli e?