Per migliaia di telespettatori italiani il nome “Megan” evoca
immediatamente la splendida immagine di una sana ragazzona australiana,
che si esibisce in alcuni notissimi spoot pubblicitari in apparenti
imprese di arrampicate estreme, certamente simulate con la grafica
computerizzata.
Per milioni di genitori americani, invece, la stessa
parola
“Megan” richiama una terribile vicenda di stupro ed uccisione di una
bimbetta, nel cui nome si creò immediatamente un vasto movimento di
opinione, che incise rapidamente sull’ ordinamento giuridico federale ed
ancor più in quello di 50 Stati dell’ Unione. Oggi la “legge di Megan”
(tale è la sua testuale denominazione ufficiale) prevede il sistema di
registrazione obbligatoria dei condannati per stupro sui bambini e
consente a tutti i genitori preoccupati, che hanno visto arrivare nei
dintorni della loro abitazione un nuovo vicino sospetto, di consultare
su Internet il registro dei soggetti pericolosi, distinti in tre livelli
di rischio. Tali condannati sono sottoposti all’ obbligo di registrarsi
presso la polizia non appena cambiano casa.
Il 29 luglio 1994, nella cittadina di Hamilton, nel
New Jersey,
la piccola Megan di sette anni, figlia di Maureen e Richard Kanka,
chiese il permesso di andare a giocare a casa da un piccolo amico, non
fece più ritorno e fu trovata straziata ed uccisa.
La settimana dopo iniziò il processo a carico dell’
accusato,
condannato definitivamente il 31 maggio 1997.
Ma, in sèguito alla mobilitazione popolare ed alla
raccolta di
ben 200.000 firme in pochi giorni, a distanza di soli 89 giorni dal
delitto lo Stato del New Jersey promulgava la “Megans’ Law”, poi via
adottata da altri Stati e dallo Stato federale. Attualmente 50 Stati
degli U.s.a. si avvalgono di tale strumento legislativo, e migliaia di
persone espongono o indossano un nastro rosa, in segno di solidarietà,
appena si ha notizia che un bambino è scomparso ed è forse restato
vittima di uno stupro.
La madre di Megan disse che il rosa era il colore
preferito
della sua figlioletta, e poi ha creato una Fondazione per la tutela dei
bambini, e gira in tutti gli Stati per sollecitare iniziative per
proteggere la cosa più preziosa di ogni famiglia, il bambino. La vastità
delle iniziative e gli strumenti realizzati con il contributo
finanziario di enti e cittadini risulterà esplorando la rete Internet,
ricercando con un qualunque motore le parole “Megan’s Law”.
Viene spontaneo chiedersi quanti cittadini, quanti
giovani oggi
in Italia saprebbero dire chi fu Cristina Mazzotti ( la prima vittima di
un sequestro di persona trovata morta ) o saprebbero elencare i nomi
dei bambini purtroppo stuprati ed uccisi nell’ ultimo anno.
Sicuramente anche la tragica vicenda della piccola
Sarah Jay di
Bologna ha profondamente commosso molti italiani, e portato lo sgomento
in una intera città, ma tra un anno si potrà dire che, proprio in
conseguenza di tale episodio, è stato perfezionato il complesso degli
strumenti diretti a prevenire tali misfatti ed a sanzionarli in modo
adeguato e definitivo ?
E’ poi chiaro che, da un punto di vista criminologico,
sussiste
una profonda differenza tra i casi di stupro di minori occasionale da
strada (l’ autore scorge in una via o in un giardino una vittima
appetibile, a lui sconosciuta, e la rapisce o la violenta dietro una
siepe) ed i casi di abuso intrafamiliare (la vittima si fida dell’
autore del reato, parente o amico di famiglia, che piano piano la
irretisce con lusinghe e sottile corruzione, fino al tragico epilogo),
ma è sicuro che anche nel nostro paese occorre verificare periodicamente
l’ adeguatezza di tutti gli strumenti di difesa dei minori.
La legge 15 febbraio 1996, n. 66 ha introdotto nel
codice penale
nuove figure di reato, ma le norme processuali non aiutano. Per il solo
fatto di avere prospettato l’ utilità di una piccola integrazione del
potere del Pubblico Ministero di ordinare il fermo , aggiungendo un
comma all’ art. 384 del codice di procedura penale, qualcuno ha
protestato, eccependo che in tal modo, cavalcando le reazioni emotive
della gente, si vorrebbe reintrodurre…il fermo di polizia.
Nulla di più inesatto, ma soltanto l’ esigenza di dare
efficacia
alla fase investigativa, quando un bambino è vittima di un orribile
reato, o almeno si teme che ciò sia avvenuto.
Un piccolo comma aggiuntivo sul potere di fermo del
P.M. per 48
ore, anche in assenza di un dimostrato concreto pericolo di fuga, che in
tali casi è molto ragionevole presumere, potrebbe essere in Italia la
“legge di Sarah Jay”, cioè un concreto contributo per la migliore
protezione dei bambini.
Occorre dunque una riflessione profonda ed una
attenzione
continua a questi problemi ed ai meccanismi di indagine e di
repressione, ed un serio impegno di tutti e non soltanto l’ immediata
reazione di raccapriccio e dolore, che tuttavia sono pur sempre i
sentimenti connaturati alla nostra umanità.
Luigi Persicoxoomer.virgilio.it/lpersi/sarah.html
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