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giovedì 10 novembre 2011

Megan

Per migliaia di telespettatori italiani il nome “Megan” evoca immediatamente la splendida immagine di una sana ragazzona australiana, che si esibisce in alcuni notissimi spoot pubblicitari in apparenti imprese di arrampicate estreme, certamente simulate con la grafica computerizzata.

Per milioni di genitori americani, invece, la stessa parola “Megan” richiama una terribile vicenda di stupro ed uccisione di una bimbetta, nel cui nome si creò immediatamente un vasto movimento di opinione, che incise rapidamente sull’ ordinamento giuridico federale ed ancor più in quello di 50 Stati dell’ Unione. Oggi la “legge di Megan” (tale è la sua testuale denominazione ufficiale) prevede il sistema di registrazione obbligatoria dei condannati per stupro sui bambini e consente a tutti i genitori preoccupati, che hanno visto arrivare nei dintorni della loro abitazione un nuovo vicino sospetto, di consultare su Internet il registro dei soggetti pericolosi, distinti in tre livelli di rischio. Tali condannati sono sottoposti all’ obbligo di registrarsi presso la polizia non appena cambiano casa.

Il 29 luglio 1994, nella cittadina di Hamilton, nel New Jersey, la piccola Megan di sette anni, figlia di Maureen e Richard Kanka, chiese il permesso di andare a giocare a casa da un piccolo amico, non fece più ritorno e fu trovata straziata ed uccisa.

La settimana dopo iniziò il processo a carico dell’ accusato, condannato definitivamente il 31 maggio 1997.

Ma, in sèguito alla mobilitazione popolare ed alla raccolta di ben 200.000 firme in pochi giorni, a distanza di soli 89 giorni dal delitto lo Stato del New Jersey promulgava la “Megans’ Law”, poi via adottata da altri Stati e dallo Stato federale. Attualmente 50 Stati degli U.s.a. si avvalgono di tale strumento legislativo, e migliaia di persone espongono o indossano un nastro rosa, in segno di solidarietà, appena si ha notizia che un bambino è scomparso ed è forse restato vittima di uno stupro.

La madre di Megan disse che il rosa era il colore preferito della sua figlioletta, e poi ha creato una Fondazione per la tutela dei bambini, e gira in tutti gli Stati per sollecitare iniziative per proteggere la cosa più preziosa di ogni famiglia, il bambino. La vastità delle iniziative e gli strumenti realizzati con il contributo finanziario di enti e cittadini risulterà esplorando la rete Internet, ricercando con un qualunque motore le parole “Megan’s Law”.

Viene spontaneo chiedersi quanti cittadini, quanti giovani oggi in Italia saprebbero dire chi fu Cristina Mazzotti ( la prima vittima di un sequestro di persona trovata morta ) o saprebbero elencare i nomi dei bambini purtroppo stuprati ed uccisi nell’ ultimo anno.

Sicuramente anche la tragica vicenda della piccola Sarah Jay di Bologna ha profondamente commosso molti italiani, e portato lo sgomento in una intera città, ma tra un anno si potrà dire che, proprio in conseguenza di tale episodio, è stato perfezionato il complesso degli strumenti diretti a prevenire tali misfatti ed a sanzionarli in modo adeguato e definitivo ?

E’ poi chiaro che, da un punto di vista criminologico, sussiste una profonda differenza tra i casi di stupro di minori occasionale da strada (l’ autore scorge in una via o in un giardino una vittima appetibile, a lui sconosciuta, e la rapisce o la violenta dietro una siepe) ed i casi di abuso intrafamiliare (la vittima si fida dell’ autore del reato, parente o amico di famiglia, che piano piano la irretisce con lusinghe e sottile corruzione, fino al tragico epilogo), ma è sicuro che anche nel nostro paese occorre verificare periodicamente l’ adeguatezza di tutti gli strumenti di difesa dei minori.

La legge 15 febbraio 1996, n. 66 ha introdotto nel codice penale nuove figure di reato, ma le norme processuali non aiutano. Per il solo fatto di avere prospettato l’ utilità di una piccola integrazione del potere del Pubblico Ministero di ordinare il fermo , aggiungendo un comma all’ art. 384 del codice di procedura penale, qualcuno ha protestato, eccependo che in tal modo, cavalcando le reazioni emotive della gente, si vorrebbe reintrodurre…il fermo di polizia.

Nulla di più inesatto, ma soltanto l’ esigenza di dare efficacia alla fase investigativa, quando un bambino è vittima di un orribile reato, o almeno si teme che ciò sia avvenuto.

Un piccolo comma aggiuntivo sul potere di fermo del P.M. per 48 ore, anche in assenza di un dimostrato concreto pericolo di fuga, che in tali casi è molto ragionevole presumere, potrebbe essere in Italia la “legge di Sarah Jay”, cioè un concreto contributo per la migliore protezione dei bambini.

Occorre dunque una riflessione profonda ed una attenzione continua a questi problemi ed ai meccanismi di indagine e di repressione, ed un serio impegno di tutti e non soltanto l’ immediata reazione di raccapriccio e dolore, che tuttavia sono pur sempre i sentimenti connaturati alla nostra umanità.

Luigi Persicoxoomer.virgilio.it/lpersi/sarah.html

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